L’importanza della “rete” per la prevenzione dell’ipovisione e delle vista fragile

 

Le stime OMS su cecità e ipovisione (Vision impairment and blindness, WHO, Fact Sheet, October 2020), pubblicate in occasione della giornata mondiale della vista, mostrano che nel mondo un miliardo di persone ha una disabilità visiva che avrebbe potuto essere prevenuta o deve ancora essere affrontata.

Questo miliardo include persone con deficit della vista a distanza moderata o grave o cecità dovuta a errore di rifrazione non affrontato (123,7 milioni), cataratta (65,2 milioni), glaucoma (6,9 milioni), opacità corneali (4,2 milioni), retinopatia diabetica (3 milioni) e tracoma (2 milioni), così come disturbi della vista da vicino causati da presbiopia non affrontata (826 milioni).

La ridotta abilità visiva condiziona la qualità della vita, nell’adulto e nell’anziano; le conseguenze associate alla perdita della vista, infatti, sono molte più di quanto non possano apparire, per esempio il rischio di incidenti, cadute e lesioni, l’isolamento sociale, la perdita di indipendenza, di mobilità e di autonomia, fino alla depressione.

Se già le statistiche mettevano in luce il problema, adesso è ancora più evidente la necessità di rinnovare l’interesse scientifico e istituzionale nei riguardi della prevenzione dell’ipovisione e della vista fragile. Riconoscere precocemente questa condizione permette di intervenire a supporto del benessere individuale e bloccare o rallentare il decorso delle patologie del sistema visivo dove possibile. 

Per il paziente ipovedente oggi è essenziale trovare una rete di competenze sul territorio che lo guidi e lo assista al meglio nel suo percorso di benessere visivo, affinché le attività quotidiane (lettura, pittura, scrittura, lavoro, passeggiate) proseguano in autonomia e più a lungo possibile. 

“Rete” diventa quindi la parola chiave per una visione multidisciplinare di accompagnamento in un percorso che vede lavorare insieme le figure dell’oculista, dell’ottico, dell’ortottista.

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